L’ANFITEATRO ROMANO
La città di Avella conserva numerose testimonianze del periodo osco, sannitico e romano: il territorio, infatti, è stato frequentato fin dall'antichità più remota come provano i rinvenimenti del periodo neolitico ed eneolitico presso le località Fusaro e Mulino Sant'Antuono.
L'importanza del luogo era dovuto principalmente alla presenza del fiume Clanio che consentiva il collegamento con il mar Tirreno, attraversando l'intera area avellana. Di notevole interesse sono i resti di un anfiteatro romano, tra i più antichi della Campania, e di una serie di monumenti funerari di età tardo - repubblicana e imperiale. L’anfiteatro, appoggiato in parte sulle mura della città ed in parte sul pendio naturale, sorge in località S. Paolino, nell'immediata periferia del paese. Costruito dopo la guerra sociale, nel I secolo a.C. si presentava molto simile a quello di Pompei, anche per quel che riguarda la posizione urbanistica. Sebbene la sua esistenza fosse nota già dal secolo scorso, ne è stato iniziato lo scavo soltanto a partire dal 1976. Attualmente è completamente visibile l’arena, i due vomitori, il podio e alcuni sedili in tufo della cavea.
I monumenti funerari furono costruiti dall'età tardo-repubblicana fino al II secolo d.C. Di altri edifici resta poco o nulla. Un edificio termale era in via Foro Avellano, a ridosso del fiume mentre un teatro doveva, forse, trovarsi verso l'attuale abitato di Sperone. Resti di un acquedotto sono in località Capo di Ciesco. Un nucleo ben conservato sorge, poi, in località Casale, presso il campo sportivo. Si tratta di tombe databili tra la tarda età repubblicana ed il I secolo d.C. che rientrano nel cosiddetto tipo a "conocchia" (corpo quadrato sormontato da un'edicola o da un piano superiore circolare o poligonale, sovrastato a sua volta da una cuspide). Fuori città, al confine con il territorio di Nola, doveva anche trovarsi un Santuario dedicato ad Ercole e contemplato da un trattato stipulato tra le due città riportato su una stele in lingua osca denominata "Cippus Abellanus": detto reperto venne alla luce nel 1685 fra i ruderi del castello di Avella e costituisce il più antico documento scritto in lingua osca. Oggi è conservato nel Museo del Seminario di Nola. Nell’Antiquarium Archeologico locale sono esposti, infine, i preziosi corredi rinvenuti negli scavi delle due necropoli della cittadina. I reperti sono ordinati ed esposti secondo un ordine cronologico che va dalla preistoria fino al tardo impero.