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Quindici


Chiesa madre di S. Maria delle Grazie fu costruita in pieno periodo barocco allorquando venivano abbandonate le forme rigide, contenute e organizzate in rigorose simmetrie compositive. Essa infatti presenta forme libere, aperte e articolate. Ogni elemento viene reinventato ogni materiale viene forzato al limite delle possibilità di resa, sia tecnica che espressiva.

Fu eretta su una vecchia chiesa quattrocentesca, di cui ancora oggi sono visibili alcuni muri perimetrali e alcuni tratti di pavimento. La maestosa facciata con il portale in piperno, la gradinata, anche questa in piperno e la svettante cupola creano quell’atmosfera ieratica che accompagnano il fedele che si porta in chiesa.

Imponente è la configurazione spaziale interna ed esterna. Lo spazio architettonico interno si sviluppa su una pianta a croce latina con transetto a cupola. Dovunque domina una perfetta armonia fra rette, curve ed archi. La luce attutita e diffusa, ma non localizzata, concilia l’evoluzione dell’anima. Le cornici e le lesene ben proporzionate avvalorano ancora di più il pregio artistico del complesso sacro.

Costruita in posizione sopraelevata rispetto all’asse viario, si inserisce a perfezione nel tessuto urbano sovrastando tutte le altre costruzioni dell’abitato.

Danneggiata dal sisma del 1980, fu oggetto da parte del provveditorato alle opere pubbliche di un massiccio e ben riuscito intervento di recupero e di consolidamento. Anche l’evento franoso del 5 maggio 1998 arrecò danni all’edificio sacro.

Il museo parrocchiale di Quindici iniziato come semplice collezione privata da parte del parroco Domenico Amelia, testimonia il passato, sia dal punto di vista archeologico sia da quello sociale-culturale.    

 

Chiesa di Sant’Aniello. Gli affreschi delle tre absidiole e delle due nicchie laterali presentano una gamma cromatica che va dal nero al giallo ocra, dal rossiccio al celeste.

Nell’abside di destra su di un fondo nero è raffigurata un’architettura costituita da un architrave decorato che poggia su tre arcate, sorrette da colonnine rossicce, con capitelli azzurri a decorazioni fitomorfe. Al di sopra dell’architrave vi è una piccola torre cilindrica, giallo-ocra, con un tetto a spiovente di tegole rossicce. Entro le arcate, che ben dividono lo spazio in tre campate, vi sono tre figure: al centro, con la barba ed i capelli lunghi, è raffigurato Cristo, seduto dietro una tavola con la destra benedicente, mentre con la sinistra tiene un libro aperto, inclinato sul tavolo, su cui è leggibile, da sinistra verso destra: “QUI CRE”.

Sulla tavola, in giallo con bordi rossi, sono presenti: un pane, un pesce(?), un calice, una coppa biansata ed un piede a forma di spirale. L’antepedio è caratterizzato da una croce greca di colore rosso, inclusa, con due lettere greche (α e ω), in una quadrato definito solo dagli angoli.

Lo sfondo di tale raffigurazione è decorata da doppie linee bianche che, intersecandosi, formano delle losanghe in cui sono incluse figurine di animaletti (cavallucci rampanti, uccelli) e fiori stilizzati. Nell’intercolumnio destro è ancora visibile il capo ed il busto di un Santo, ripreso con la mano destra benedicente mentre con la sinistra regge un rotulo.

Al di sopra dell’arcata che include tale figura vi è una sagoma con tunica bianca, bordata di rosso: probabilmente si tratta di un altro personaggio nimbato.

Nell’intercolumnio sinistro vi sono solo frammenti del nimbo e del volto di un altro Santo.

Nell’abside di sinistra sono raffigurati tre Santi posti al di sotto di un nimbo costituito da una fascia giallo-ocra in cui è presente una figura non ben identificabile.

Nella figura di sinistra, molto frammentaria, sono evidenti: i resti di una mantellina di colore rosso bruno; i frammenti della tunica, giallo-ocra; tracce di una iscrizione sulla sinistra.

La seconda figura è un Santo Vescovo tonsurato e con la barba, sulla cui tunica bianca discende una casula giallo-ocra, decorata da fasce crucigere bianche. Con la sinistra, da cui pende una stola, regge un libro chiuso di colore rosso, decorato sui bordi da perline; con la mano destra sembra benedire “alla greca”. La terza figura è un Santo monaco incappucciato con la barba corta ed un saio senza maniche, di colore rosso bruno, che indossa su di una tunica a maniche strette. Con la mano destra benedicente, regge, con la sinistra, un libro chiuso da due lacci rossi.

Nell’abside centrale, le figure di un Cristo in trono e di un angelo sono molto frammentarie.
Sono ancora visibili: le gambe del Cristo ricoperte da una tunica e parte di quel che doveva essere il trono; il viso e l’estremità di un’ala di un angelo dall’abito riccamente decorato; il tappeto, su cui poggia il trono, decorato da tanti cerchi di perline. In basso sono ancora visibili San Gennaro e tre dei suoi sei compagni di martirio: S. Procolo, S. Sossio e S. Festo. Questi sono inclusi entro dei medaglioni con bordo rosso perlinato ed incatenati tra loro secondo uno stile bizantino.

S. Procolo e S. Sossio sono tonsurati ed imberbi; S. Gennaro è tonsurato con la barba; S. Festo è imberbe e senza tonsura.

Al di sotto dei medaglioni si estende una fascia rossa entro cui è evidente una espressione latina, ancora leggibile: “SINCER PIVS BONVS HONESTVS PRO DEO AMORE…”.

Tale fascia è sovrapposta ad un drappeggio, caratterizzato da strisce rosse e blu, che si prolunga sino alla fine dell’abside. Infine le piccole nicchie, laterali alle absidi, sono decorate da losanghe rosse su di un fondo grigioscuro .                                                                                    (V. Castaldo)


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