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Somma Vesuviana


Il Casamale

Il borgo del Casamale prende il nome dalla aristocratica famiglia dei Causamala, che compare per la prima volta in un atto di locazione del 1011. Circondano il borgo le antiche mura aragonesi, consolidate nel 1467 dal re Ferrante d’Aragona. Tali mura servivano per il contenimento dei terrapieni intorno alla Terra Murata. Quattro porte si aprivano lungo le mura: Porta Terra o Porta San Pietro situata sul lato Nord; Porta Formosi o Porta Marina situata sul lato ad Ovest; Porta della Montagna o Porta Castello situata sul lato Sud; Porta Piccioli o Porta Tutti i Santi situata sul lato ad Est. Il nucleo centrale del Casamale è un edificio ecclesiastico, il convento dei Padri Eremitani di Sant’Agostino con la cappella titolata prima a San Giacomo e poi, dopo la costruzione della chiesa, a Santa Maria della Sanità. Nel 1595 la chiesa fu insignita del titolo di Collegiata cambiando il nome di Santa Maria Maggiore. Il Casamale racchiudeva tra le sue mura, oltre alla imponente Collegiata, conventi e palazzi dell’aristocrazia che occupavano solo in misura parziale le insule. Questi terreni sono stati pian piano occupati e abitati da coloni, commercianti, artigiani. L’antico borgo medievale del Casamale si conserva ancora integro, nonostante le evidenti tracce di manomissioni consistenti in interventi in calcestruzzo tra le antiche murature in pietra. Il borgo si sviluppa sulla dorsale del Monte Somma, tra i 180 ed i 220 m.s.l.m. e consiste in uno spazio delimitato da antiche murazioni ancora oggi ben visibili che individuano un netto confine con il resto dell’abitato. Il borgo è astutamente protetto a Sud dal Monte Somma, a Est dall’Alveo Fosso dei Leoni e a Ovest dall’Alveo Cavone del Purgatorio. Attorno al centro, l’attuale Collegiata, si sviluppa un impianto medievale fatto di vie strette, alcuni archi, con le coperture delle case che sembrano toccarsi non consentendo al sole di filtrare. Le costruzioni presentano una colorazione grigia e spesso si trovano importanti archi d’ingresso in piperno. I balconi delle abitazioni, ornati da parapetti di ferro battuto, sono poco sporgenti e sono impostati su robuste soglie di piperno lavorato. Elementi architettonici del XVI, XVII e XVIII secolo sorgono accanto alle costruzioni medievali, tra cui palazzo Colletta–Orsini, il palazzo Basadonna, il Monastero della Monache Carmelitane, palazzo Secondulfo. Questo importante patrimonio d’arte e di cultura ha subito purtroppo numerose manipolature che hanno distrutto in poco tempo strutture che si mantenevano intatte da secoli.

Il Borgo Casamale, legato da anni alla tradizionale e suggestiva “Festa delle Lucerne”, che si svolge ogni 4 anni, fatta di vedute pittoresche e di giochi prospettici, grazie alla presenza delle lucerne che nel centro storico tratteggiano con tocchi di colore e intensa e calda luminosità, angoli e scorci di vicoli, ponendo in risalto il patrimonio storico/artistico e culturale di Somma Vesuviana. Appassionati artigiani esponendo i propri lavori, mettono in luce un passato su cui continuare a costruire, un passato che affascina e coinvolge i cittadini e i visitatori.

La chiesa di San Domenico

 

La chiesa di San Domenico sorge nel cuore di Somma Vesuviana e con il consenso del Papa Nicolò IV fu fatto costruire dal re Carlo II d’Angiò nel 1294. Venne di seguito affidato ai Padri Predicatori dell’ordine dei Domenicani. L’origine angioina della chiesa è ricordata da una tela, opera del Cacciapuoti e posta alle spalle dell’altare, raffigurante Carlo II d’Angiò genuflesso ai piedi della Vergine e San Domenico che santifica.

La chiesa fu dedicata a Santa Maddalena. Il complesso monastico si affermò come centro culturale e come sede di importanti transazioni economico-patrimoniali e di gestione delle rendite provenienti dalla sua estesa proprietà immobiliare accumulata per lasciti, donazioni e acquisti. Sul pavimento della chiesa alcune pietre tombali ricordano la sepoltura di personaggi che nei secoli diedero vita a Somma Vesuviana. Le acque della cisterna posta nel chiostro hanno dissetato per secoli la popolazione locale. Il chiostro è stato inoltre per lungo tempo sede delle riunioni del Sindaco e del parlamento cittadino, privilegio abolito dal Viceré di Napoli nel 1696. Numerosi eventi catastrofici, tra cui l’eruzione del 1631, causarono crolli e conseguenti interventi di restauro e cambiamento.

Nel secolo XVIII per via di molti restauri, le sottostanti strutture gotiche furono rese illeggibili. Nel 1794 un’altra eruzione causò il crollo di alcune strutture e con la successiva ricostruzione fu realizzata l’attuale facciata addossata a quella già esistente. Con la seconda abolizione degli ordini religiosi (1861-1866), la chiesa ed il convento furono concessi in proprietà al comune di Somma Vesuviana. La chiesa fu affidata ad un rettore nominato di volta in volta dal consiglio comunale. Alcuni locali del convento furono invece utilizzati come sede municipale e per altri uffici pubblici, organizzazioni politiche, culturali, ricreative ed assistenziali. Dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980 la chiesa è stata dichiarata inagibile, e solo di recente sono stati attuati dei lavori di restauro e risanamento statico.

La facciata della chiesa oggigiorno è caratterizzata da uno stretto pronao mantenuto da due colonne ioniche, cui si accede con una gradinata in piperno. Il pronao prosegue al secondo ordine, con uno spazio rientrante chiuso da una balaustra. Sei semicolonne articolano la facciata, quattro delle quali sono diretto prolungamento del pronao sottostante. Al di sopra di questo secondo ordine, una finestra a forma di cerchio nasconde il rosone dell’antica facciata gotica.

Al di sopra di questo è collocato il timpano. Lo spazio interno, a navata unica, è preceduto da un vestibolo con colonne corinzie sul quale era collocato il coro dei monaci. Le cappelle laterali e l’abside quadrata sono decorati con stucchi di pregevole fattura. Tele di grandi autori del XVII e XVIII secolo arricchiscono le cappelle, mentre nell’abside è collocata la tela del Cacciapuoti. La presenza di molte pietre tombali seicentesche e settecentesche documenta l’importanza e la nobiltà della chiesa.

Santa Maria del Pozzo

Nella frazione di Santa Maria del Pozzo c'è la chiesa che le ha data il nome; il complesso formato dalla chiesa e dal monastero di Santa Maria del Pozzo sorge sulle costruzioni più antiche della chiesa inferiore, costruita da Re Roberto d’Angiò nel 1333 per ricordare l’incontro tra Giovanna (erede al trono di Napoli) con Andrea (figlio di Caroberto, Re d’Ungheria) nella località denominata “i prati di Nola” e identificata con il territorio ad oriente del palazzo reale della Starza della Regina. La chiesa fu dedicata a “Nostra Donna” e successivamente questo nome fu trasformato in “Madonna dello puzzo”, per il pozzo che si trovava nei pressi della chiesa. Nel 1488 un’alluvione causò gravi danni alla chiesa che rimase sepolta sotto fango e pietre. Fu la Regina Giovanna III d’Aragona, nei primi anni del XVI secolo, a volere la costruzione di una nuova chiesa con annesso convento sopra quella più antica, che non fu però demolita. La Regina, nel 1510, affidò il magnifico complesso con l’assenso del Papa Giulio II ai frati di San Francesco. Nel 1575 il monastero venne consacrato dal Vescovo di Lettere e Gragnano e venne dedicato alla Santa Vergine dell’Annunziata, nonostante il popolo continuasse a chiamarlo “Santa Maria del Pozzo”. Del resto tale è rimasto il nome del luogo della vasta zona che circonda il complesso religioso. La chiesa inferiore, con la costruzione di quella superiore, venne impiegata a codifica cimiteriale per le famiglie gentilizie e dei frati cartesiani della grancia di Somma del convento di San Martino. All’inizio del XVII secolo l’interno del complesso subì numerose trasformazioni e le originarie linee gotiche furono coperte con pesanti sovrastrutture barocche.

Risale infatti al settecento la facciata barocca, fatta demolire nel 900 nel corso di uno sprovveduto tentativo di ripristinare quella originaria. Il convento fu ampliato nella seconda metà del XVIII secolo, divenendo anche luogo di cultura: nella sua biblioteca si trovavano molti testi del XVI secolo. Vi scaturirono lo studio delle arti e fu realizzato un importante lanificio, per soddisfare le esigenze dei religiosi della provincia. Con le leggi per la soppressione degli ordini religiosi, intorno al 1860 i frati Francescani furono costretti ad abbandonare il monastero che, divenuto comunale, fu adibito a lazzaretto durante l’epidemia di colera del 1884. Nel 1920 la chiesa venne dichiarata monumento nazionale.

Nel 1921 l’amministrazione comunale concesse per 29 anni i locali del convento (esclusa la chiesa) al “Comitato napoletano dell’Opera Nazionale per gli orfani dei contadini morti in guerra” che vi istituì una fiorente colonia agricola. L’anno successivo iniziarono i lavori di restauro per ripristinare l’originario aspetto gotico. Nel 1941 infine i frati Francescani, ritornarono in possesso del convento.

 

San Giorgio Martire

La chiesa di San Giorgio Martire si trova nel centro di Somma Vesuviana. Sorge su una piccola piazzetta a cui si accede da una larga rampa di scale incassata tra edifici antichi, che enfatizza lo spazio con un prolungamento prospettico su via Gramsci, mentre lateralmente si allarga e si immette sull’ampia piazza Vittorio Emanuele III. Fu costruita all’esterno del "Borgo murato" del Casamale, fu distrutta molte volte e fu sempre riedificata. Le caratteristiche architettoniche della struttura nel'500 erano composte da una sala lunga e ben cinque cappelle per lato, erano diverse da quella attuale. La chiesa fu ricostruita varie volte per i problemi causati dalle eruzioni del Vesuvio. Fu totalmente ricostruita dopo il 1764, e ancora dopo quindici anni il parlamento dell’Università di Somma Vesuviana (amministrazione pubblica di quei tempi) decise per un nuovo intervento sulla chiesa. Altri interventi, anche radicali, si susseguirono nel corso dell’800. Anche la seconda guerra mondiale causò ulteriori danni a tal punto di distruggere tutte le suppellettili.

 


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